Le batterie ricaricabili hanno una longevità che si presta a innumerevoli usi e il loro vantaggio è innegabile. Vi sono applicazioni, industriali e non, che richiedono prestazioni durevoli nel tempo persino per una questione di sicurezza, come i sistemi di allarme, i gruppi di continuità o le luci d’emergenza.
Nonostante esistano soluzioni diverse e tecnologicamente anche più avanzate, le batterie al piombo sono quelle che hanno gli impieghi maggiori per una caratteristica che si rivela fondamentale: la capacità di garantire picchi di energia anche molto importanti quando serve.
Come sono fatte
In generale, una batteria ricaricabile al piombo è costituita da due piastre, una a polo positivo e una a polo negativo: nella prima vi è il biossido di piombo (ovvero piombo combinato chimicamente con l’ossigeno), mentre nella seconda c’è solo semplice piombo. Tali poli sono immersi in un liquido detto elettrolita, attraverso il quale viaggia proprio l’elettricità in forma di ioni e che dà vita al solfato di piombo e all’acido solforico. A seconda del tipo di liquido in cui sono immersi i due poli, le batterie si distinguono in AGM oppure in GEL.
Differenze tra AGM e GEL
Nelle batterie AGM occorre innanzitutto prestare attenzione al livello di carica, che dovrà rimanere costante e non scendere al di sotto del 40%, quindi con un 60% di energia massima consumata: per garantire ciò, andrebbero ricaricate entro 6 mesi. La fibra di vetro del tappetino, o Absorbed Glass Mat, consente il passaggio degli ioni nell’elettrolita senza che questo si disperda in caso di rottura. Identico principio si osserva anche nelle batterie a GEL, ove l’eventuale incrinatura della custodia non causerà fuoriuscite.
Se, da un lato, le batterie AGM garantiscono potenza maggiore nel tempo, quelle al GEL hanno una durata di carica più lunga e sopportano temperature e picchi di corrente superiori. Offrono, quindi, performances differenti ma altrettanto valide a seconda degli usi necessari.
Materiali e usi
Una batteria al piombo, di qualunque tipologia sia, deve necessariamente godere di una struttura resistente in materiali quali un polimero termoplastico denominato ABS, simile a una resina, che è innanzitutto ignifugo ai sensi degli standard d’infiammabilità UL94-HB che consente a eventuali fiamme di estinguersi velocemente a contatto con i materiali plastici. Inoltre, devono resistere bene all’umidità e ad eventuali agenti esterni, specie se ad uso automobilistico e non disperdere gas se trasportate su mezzi gommati o persino velivoli.
Una batteria al piombo, inoltre, può presentare un ciclo superficiale o profondo: nel primo caso si tratta di modelli più contenuti che devono alimentare motori di veicoli a due o a quattro ruote: grazie all’alternatore, queste batterie durano anche anni e non si scaricano mai oltre il 20%; nel secondo caso, la fornitura di energia può anche essere più importante e supportare impianti notevoli come quelli fotovoltaici o relativi a luci di emergenza. Ricaricarle nei tempi indicati consentirà di non avere sorprese quali improvvisi cali di energia.
Potendo andare incontro a pericolosi accumuli di energia, specie nei momenti di picco di un ciclo profondo, le batterie al piombo ricaricabili devono avere anche una valvola di sfiato atta a scaricarla in modo adeguato. Non solo una batteria va impiegata correttamente a seconda della destinazione d’uso, ma la manutenzione dev’essere impeccabile, inclusi i tempi di ricarica che servono a mantenerla sempre performante: inutile ricaricare un prodotto che presenti ancora caratteristiche elettriche adeguate, rischiando persino di danneggiarlo, o pretendere un ciclo profondo con buoni picchi se è scarica di oltre il 60%. Infine, non va trascurato lo smaltimento che, nel caso del piombo, andrà eseguito secondo le norme di legge per arginare il più possibile l’inquinamento ambientale.