I dazi doganali USA sulle auto d’importazione e il loro impatto sul gruppo FCA

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Negli ultimi tempi la possibilità di introdurre dazi doganali sulle auto importate paventata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha suscitato la preoccupazione di tutto il comparto dell’automotive mondiale, e in particolare di quello europeo.

La strategia del governo di Washington di proteggere il made in USA – e in particolare la produzione di auto americane – passerebbe attraverso l’aumento delle tariffe doganali dall’attuale 2,5 al 25%.

Unire le forze per contrastare l’economia cinese

A tale annuncio la UE ha replicato cercando di instaurare una trattativa col governo statunitense, proponendo una riforma su vasta scala degli accordi del WTO, l’organizzazione mondiale del Commercio, in modo tale da unire le forze per arginare la concorrenza cinese, che sarebbe la vera ossessione del presidente Trump.

A questa proposta il segretario del Tesoro americano, Steven Mnuchin, avrebbe replicato proponendo una sorta di accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e gli Usa, con l’abolizione di tasse doganali e sussidi.

Una mossa che suona come un tentativo di ritornare a rilanciare l’economia americana attraverso l’immissione nel mercato europeo di prodotti che potenzialmente potrebbero danneggiare l’elevata qualità del settore manifatturiero del Vecchio Continente.

FCA: il gruppo automobilistico più danneggiato a livello europeo

I dazi al 25% sull’importazione di auto non americane danneggerebbero oltre tutto più di tutti il gruppo FCA, che è il maggior esportatore europeo oltreoceano, con una riduzione dei profitti annuale stimata dall’istituto di analisi Evercore ISI in 743 milioni di euro.

Se poi pensiamo al fatto che FCA nei primi 5 mesi del 2018 ha incrementato le vendite dei propri veicoli negli Stati Uniti del 2,8%, capiamo come questa misura protezionistica sia dannosa oltremodo per l’economia italiana ed europea, specialmente pensando al fatto che grazie agli accordi stretti tra l’ex amministratore delicato di FCA Sergio Marchionne e l’ex presidente americano Obama la produzione di auto americane è stata decisamente rilanciata negli ultimi anni, salvando decine di migliaia di posti di lavoro e contribuendo ad evitare il fallimento di uno storico marchio dell’automotive made in USA come Chrysler.

Jeep Renegade: il modello più esportato negli USA

Il modello principalmente importato negli Stati uniti è la Jeep Renegade, che a oggi rappresenta il 73% delle auto non americane di origine europea importate nel Nuovo Continente.

Il rimanente 27% di questa fetta di mercato è occupato dai modelli di Alfa Romeo e Maserati, con il marchio del Tridente che più di tutti ha cercato di spingere al di là dell’Atlantico vetture di lusso che rispecchiano l’attenzione e la qualità dei dettagli tutta italiana.

Tra gli altri modelli i veicoli del gruppo FCA importati negli Stati uniti figurano poi la Fiat 500L e il piccolo SUV 500X, la Fiat 124 Spider e il pick-up da lavoro Ram Promaster City: tutti prodotti di fascia medio-alta, per i quali la società Evercore ISI calcolato un fatturato annuo pari a 3 miliardi di euro da parte del Gruppo FCA.

Una situazione molto delicata

La situazione si prospetta dunque molto delicata e una misura protezionistica doganale nei confronti delle auto americane importate in Europa si rivelerebbe un’arma a doppio taglio: infatti il marchio Jeep andrebbe comunque a registrare delle perdite, visto che i modelli Cherokee e Wrangler – due icone assolute delle vetture prodotte negli USA – sono realizzati proprio nelle catene situate oltreoceano.